Ore 10.15: lezione di educazione civica

Ore 10.15: lezione di educazione civica

Ore 10,15, lezione di educazione civica, classe III B. Il tema: lettura e commento di alcuni articoli della costituzione, in conformità con quanto prescritto dai programmi per la scuola media (“l’educazione civica … ha come oggetto di apprendimento le regole fondamentali della convivenza civile). E quindi sui banchi di scuola che i nostri ragazzi imparano che tutti hanno l’obbligo della frequenza scolastica fino al quattordicesimo anno di età, che tutti hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, che viene riconosciuto a tutti il diritto al lavoro ecc…

Però questi stessi alunni, tutti svegli e pronti al confronto, imparano, sempre sui banchi di scuola, a fare verifiche ed analisi comparate, a consultare libri e giornali, così, frugando nel “polveriere”, una specie di archivio di classe (ovvero scatolone di varia dove nel tempo hanno stratificato, insieme alla polvere, collezioni di notizie), riportano alla luce il mosaico di una realtà diversa, un costume sociale che ignora i principi della costituzione ed alimenta invece con l’ingiustizia e l’iniquità situazioni assurde e crudeli, situazioni con le quali leggere in parallelo le norme relative ai diritti e ai doveri dei cittadini. 

Art. 34 La scuola è aperta tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti di studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre previdenze, che devono essere attribuite per concorso.

Art. 31 La Repubblica agevola con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Eppure esistono i “bambini-operai”, i bambini “carne da-lavoro”. Chi sono? Michele Colonna, venduto come pastore a 11 anni al mercato delle braccia di Altamura e suicidatosi a 14.

Patrizia Boriello, orfana con tredici fratelli, perita a 14 anni durante un incendio divampato nel laboratorio di pantaloni in cui lavorava, nei pressi di Napoli. Con lei, a dividere la stessa nefasta sorte, altre due bambine-operaie, Angela e Maria Rosaria.

Per loro non sono state rispettate né le norme sul lavoro minorile né le più usuali misure di sicurezza (nemmeno un estintore dentro il laboratorio e le uscite sbarrate da grate di ferro per il timore dei ladri).

Secondo una stima fatta dall’UNESCO diversi anni fa, sarebbero almeno 14 milioni nel mondo i minori costretti a lavorare. Tanti giocano la vita al lavoro nero. Come Manuela, una bimba di 6 anni, che a Milano precipita dalla finestra dopo aver trascorso il pomeriggio a impacchettare spugne insieme al fratellino e ad un’amichetta. 600 spugne, 100 lire. Come le bambine del Comasco, che cuciono cravatte. Come i ragazzini del Veneto, che spezzano in cucina quadretti di mosaico.

A rigore di legge, invece, sono i provvedimenti che si prendono per un gruppo di giovani handicappati della scuola speciale professionale di Garbagnate (MI), abili nella rara arte del restauratore cartaceo. Dopo aver lavorato nell’archivio di Stato di Milano, — restaurando in sette anni 60.000 documenti dietro un compenso di 600 lire a foglio (un foglio restaurato significa un giorno o due di lavoro) — si vedono sospesi i pagamenti che risultano del tutto illegali, essendo i ragazzi iscritti alla scuola.

Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

A P. Vetusto il futuro si presentava sotto rosee prospettive. Aveva superato brillantemente i corsi per tecnico TV e l’esito degli esami era stato tale che il funzionario di una importante industria torinese gli aveva telefonato per congratularsi e per fissargli un appuntamento con il direttore. Ma … “… il sorriso scomparve dal volto della segretaria quando si rese conto che si trattava di un individuo lievemente zoppo” …”Il direttore gli promise che, qualora lo stabilimento avesse dovuto assumere personale qualificato, l’avrebbe interpellato”.

P. Vetusto non fu mai assunto. Era il 1958. Passano più di venti anni e c’è ancora chi grida fino al suicidio il suo diritto al lavoro. E Antonino Obbiso, di Castelvetrano (Trapani). Egli stesso aveva scritto al Giornale di Sicilia dicendo: “Sono diplomato in ragioneria e, secondo il parere della commissione che mi ha esaminato possiedo doti non comuni di preparazione e di maturità. C’è molta gente che mi apprezza … La vita potrebbe sorridermi … Ma sono spastico… Nessuno vuole dare lavoro a uno come me…” Antonino s’impicca nel bagno di casa. Aveva 24 anni. Correva l’anno internazionale dell’handicappato.

Infine la notizia dell’ultima ora. E nemmeno ci sorprende più. Dattilografa “Licenziata dopo 15 mesi perché è troppo bassa”. 155 centimetri invece dei regolamentari 160.

Si tratta di Antonella Crielesi, assunta nella casa di reclusione di Volterra, dopo aver sostenuto e vinto un apposito concorso, e licenziata in base ad un regolamento che prevede per i dipendenti degli istituti di previdenza e pena le seguenti caratteristiche: altezza cm. 160 — razza ariana — iscrizione al Partito Fascista o alla Gioventù italiana del Littorio.

Art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona.

Così in nome del rispetto per la persona umana, in nome della “qualità” della vita si parla dell’eutanasia.

Eutanasia, per i malati cronici, irrecuperabili. Eutanasia, per gli anziani che sono poveri, soli, malati e… inutili. Eutanasia, che trova i suoi più convinti sostenitori nei Paesi più sviluppati. In Gran Bretagna, dove la prima proposta di legge chiesta a favore dell’eutanasia risale al 1939, in Olanda, in USA. Oppure, semplicemente, si chiede che “i medici siano sollevati dall’obbligo di fare il possibile per mantenere una persona in vita oltre gli ottanta anni”.

Intanto la società produttivistica provvede a eliminare progressivamente i suoi vecchi rendendo inaccettabili le loro condizioni di vita: pensionamenti risibili, ospizi, ghetti sociali. Così il suicidio, ancora, continua ad essere una soluzione. “Donna novantatreenne si uccide all’ospizio”. È l’ultima “perla” tratta dal nostro “polveriere”. Nessun commento. L’unica parola è quella del poeta che grida le cancrene del nostro mondo:
Scorgo superstiti: affannati spingendo tentano selezionarsi sani da malati (i piccoli si esercitano a divorare terra ingoiare sabbia, si affinano a strozzare) dividere al colore della pelle brigano per classificare giusti da sbagliati sbrandellare battezzati da eretici separare addottrinati da ignoranti tentano rifugiarsi sotto cartelli in innumerevoli lingue NOI SIAMO GIUSTI SANI DOTTORI massacrando si esanguono aggrovigliati per rigettare in recinti spinati gli altri sotto cartelli MALATI IGNORANTI VECCHI BANDITI (D. Dolci da “Il Dio delle Zecche” ed. Mondadori)

Rita Bigi Falcinelli

 1984 – Ore 10.15: Lezione di educazione civica (3.97 MB)


Testi consultati:

  • La Fiera Letteraria 14 aprile 1974 
  • Corriere della Sera 20 luglio 1975 
  • Corriere della Sera 3 giugno 1976 
  • Corriere della Sera 2 dicembre 1976 
  • Corriere della sera 6 aprile 1977 
  • Corriere della sera 1981
  • La Repubblica e II Giorno 10 gennaio 1984
  • Oggi 22 ottobre 1977 
  • “Assistenza, emarginazione e lotta di classe” ed. Feltrinelli 1975 
  • “Esclusioni o Promozione degli handicappati” ed. Dehoniane 1971
  • “Il Dio delle Zecche” ed. Mondadori 1976